Conferenza “La mafia al nord” 

25 maggio 2022

A cura di Emma Traversone, 5RA

Con Cesare Giuzzi, giornalista di cronaca nera presso Il Corriere della Sera, e Francesca Ragusa dell’associazione contro le mafie Libera. 

Organizzata e tenuta dai rappresentanti d’Istituto, Sofia Ravetta, Aurora Pizzoccheri, Matteo Speroni e Lorenzo Peressutti.

“Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili” – Giovanni Falcone 

Così apre la conferenza la Dirigente Scolastica a due giorni dal trentesimo anniversario della strage di Capaci, ricordando il coraggio dei magistrati Falcone, Borsellino e delle scorte che hanno permesso all’Italia di essere un Paese più libero.

Giuzzi inizia chiedendo a tutti i presenti di dargli del tu, perché così si usa fare tra giornalisti, e spiega come, occupandosi di cronaca nera da 13 anni, fosse stato quasi obbligato ad interessarsi al mondo della mafia.

L’intervista comincia con una domanda da parte della nostra rappresentate d’istituto, Sofia Ravetta, riguardo la modalità e le aree di diffusione del fenomeno mafioso in Lombardia. Il giornalista ha letto molto e si è informato approfonditamente sulle storie e sui meccanismi che hanno portato alla nascita della mafia che, purtroppo, ha avuto un’incredibile diffusione nel nostro Paese. In particolare, nel nord Italia la mafia risale a 50/60 anni fa e si è iniziato a parlarne solamente un ventennio fa’ circa. Al contrario di quanto si possa pensare, la mafia non ha un andamento sinusoidale: non si presenta per poi sparire e tornare dopo un po’ di tempo, bensì è attiva 24 ore su 24. Le mafie nascono nel sud Italia verso la metà dell’800: i criminali arrestati, i cosiddetti “malandrini”,si ritrovano nelle prigioni con personaggi di spicco delle massonerie e con prigionieri politici, nascono così le sette segrete. Caratterizzate da regole, codici di appartenenza e riti di affiliazione, presentano un particolare modo di appellare gli “eletti” che vi fanno parte, che pare un ossimoro: “uomini d’onore”. Cosa Nostra, originaria della Sicilia, è stata l’organizzazione mafiosa dotata del massimo livello di potenza fini agli anni ‘90, mentre al giorno d’oggi la più ricca e in espansione è la ‘Ndrangheta della Calabria. Ci sono poi la Camorra, più territoriale perchè presenta gruppi di affiliazione più piccoli, nata in Campania, e la Sacra Corona Unita, pugliese. 

Il privilegio di “autoproclamarsi re” consente ai boss a capo delle mafie di controllare ossessivamente la vita delle persone e di disporne a loro piacimento, decidendo ad esempio, in alcuni paesi del sud, se le persone possono effettuare o meno una visita medica. Garantendo servizi che a volte lo Stato non concede rapidamente, le mafie si sono espanse, presentando poi il conto a quei cittadini che ne hanno usufruito. Il “virus” mafioso ha continuamente bisogno di mangiare ciò che ha attorno e gli anticorpi che si è sempre detto di avere al nord sono invece una leggenda autoconsolatoria che ci si è raccontanti da decenni. Già dagli anni ‘90 infatti, la mafia si è insediata a Milano, persino in piazza Duomo con traffici illegali. Tuttavia, nella nostra città non se ne parlava poiché si diceva che non ci fosse e tale argomento avrebbe danneggiato irreversibilmente l’immagine del grande capoluogo lombardo. Eppure, la mafia è anche qui, più vicina di quanto possiamo pensare, e si è sviluppata anche perchè ha trovato terreno fertile e una ricchezza maggiore rispetto ad altre parti d’Italia. “Segui i soldi, troverai la mafia”: così diceva Giovanni Falcone, col suo coraggio infinito e la sua incredibile lungimiranza. I mafiosi sono arrivati in Lombardia negli anni ‘60/‘70 e hanno iniziato a svolgere lavori modesti, iniziando poi a offrire servizi come ad esempio la sorveglianza presso gli istituti bancari, e a trafficare droga che poi diventa denaro e infine magari una proprietà immobiliare. Ultimamente vengono investiti molti soldi nelle droghe leggere perché hanno un prezzo minore ma una diffusione più capillare e chi inconsciamente le acquista è probabile che stia inconsapevolmente finanziando un’organizzazione criminale. 

L’avvertimento di Cesare Giuzzi è chiaro: diffidare da ogni comportamento sospetto, in quanto la mafia spesso si nasconde in proposte che ci piacciono e ci convengono, in scorciatoie che ci inducono ad accettare una strada più breve che ci conduca al nostro obiettivo senza sapere che al traguardo incontreremo una brutta sorpresa. L’importante è riuscire ad accorgersene e sapere che le mafie sono molto più vicine di quanto possiamo pensare, sia nel tempo che nello spazio: non dobbiamo commettere l’errore di collocare il fenomeno mafioso unicamente al maggio del 1992 ad esempio. Sono passati tanti anni, ma la mafia esiste ancora, tuttora; si è trasformata, adattata ai cambiamenti, non agisce più con strumenti distruttivi e attentati come nel ventesimo secolo ma è sempre mafia e come sempre nuoce a tutto ciò che la circonda. 

Parlando invece della vicinanza nello spazio, Giuzzi ci ricorda che la mafia si è insediata prevalentemente ad Assago, Corsico, Buccinasco, Trezzano sul Naviglio, Milano. 

Nel corso nell’intervista, viene posta una seconda domanda, ovvero cosa poter fare per combattere e allontanare la mafia dalla nostra vita quotidiana. 

Innanzitutto, il giornalista ricorda che la mafia è sempre percepita come qualcosa di soffocante ed essa purtroppo vive di consensi, soprattutto adesso che “non spara più”. Esiste un articolo del nostro Codice Penale che permette di riconoscere le caratteristiche delle organizzazioni mafiose; si tratta dell’articolo 416 bis che spiega che “L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”. Spesso tuttavia, le mafie agiscono in modi diversi da quelli riportati e gli imputati vengono assolti a causa della mancata corrispondenza tra le loro attività e il Codice Penale. Questo è un grave problema, poiché la legge si evolve molto più lentamente rispetto a questo tipo ti organizzazioni che hanno quindi la possibilità di rimanere impunite. 

Spesso i mafiosi ottengono le quote di un ristorante che potrebbe essere anche il nostro e svuotano l’impresa lasciandola fallire e riducendo in miseria i proprietari. L’intento della mafia, trasversale e multidisciplinare, non è quello di fare impresa ma quello di accumulare tanti soldi e approfitta della legge ad esempio con scambio di fatture, emissione di più scontrini per giustificare gli ingenti apporti di denaro, risultando nella piena (falsa) legalità durante gli accertamenti. 

A questo punto ci chiediamo: stiamo facendo qualcosa di concreto in Lombardia? C’è la percezione di questo fenomeno? 

Questo incontro a scuola testimonia il fatto che la percezione c’è. Il problema è che purtroppo non sempre lo Stato incarica i suoi uomini migliori per combattere la mafia. Ci sono poche persone specializzate cui si chiede un impegno e uno sforzo enorme poiché è molto complesso analizzare tutti i riti e i meccanismi mafiosi (è addirittura necessario conoscere i soprannomi dei criminali). Al giorno d’oggi ci si occupa più che altro di microcriminalità (la mafia è un argomento scomodo), ma diversi scrittori e giornalisti indagano e sensibilizzano l’opinione pubblica, come lo scrittore Roberto Saviano con il suo libro “Gomorra”, che da una mafia di quartiere è diventata molto forte e imprenditoriale. È importante infatti ricordare a tutti il coraggio di isolare e discriminare i mafiosi dal punto di vista sociale. Essere mafioso deve essere un disvalore: troppo spesso l’indifferenza e l’omertà hanno agito da supporto alle organizzazioni che stanno nascoste per non essere scoperte ma allo stesso tempo sono manifeste per essere riconosciute. Non bisogna più tollerare e avallare. 

Come agire quindi? Può essere il maxi processo Mancuso un punto di svolta? 

In questo caso, la risposta del nostro ospite appare non molto positiva. Infatti, ci sono stati tanti punti di svolta, che però non hanno portato a risultati finali completamente soddisfacenti. Inoltre, tali eventi complessi sono difficilmente narrabili, e ciò è un grande limite del giornalismo. 

La Lombardia è la quarta regione nella classifica per beni confiscati, e associazioni come Libera si occupano di far vivere quei beni tramite progetti sociali, strutture per i senzatetto, associazioni. È difficile però far fruttare quei beni che spesso hanno ipoteche o sono in condizioni fatiscenti come nel caso di ville o aziende che una volta funzionavano perchè nelle mani di un mafioso (pagamenti in nero ai fornitori, zero contributi ai dipendenti e straordinari gratuiti, mancato rispetto delle regole minime dei contratti di lavoro). 

Il fatto che la mafia sia un fenomeno umano, come diceva Falcone, non da la certezza che si possa sconfiggere. Esiste però un’altra certezza, che è anche la conclusione della conferenza: riusciremo a sconfiggere le mafie? Sì, se lo Stato designerà i suoi uomini migliori per questa lotta e se in tutti noi nascerà quella consapevolezza che ci fa ragionare e ripudiare in assoluto la mafia.