Vicini, ma non abbastanza

A cura di Sofia Ravetta, 4^AL

Recensione “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano 

Due rette parallele, per quanto vicine, non si incontrano mai, eccetto se prolungate all’infinito; “La solitudine dei numeri primi” è la storia di una coppia di rette parallele divise dalla più piccola sezione geometrica. 

Paolo Giordano, fisico, oltre che scrittore, sceglie di usare un paragone simile per descrivere i suoi Mattia ed Alice, ma il concetto è analogo: due anime segnate da speranze acerbe e aspettative deluse, affini tra loro ma intrappolate da una maledizione inesorabile che le condanna alla solitudine. 

L’intero romanzo prende forma sulla base del concetto dei “numeri primi gemelli”: cifre separate da una sola unità numerica, indivisibili se non per uno e per se stessi, destinate a percepire la propria reciproca presenza e vicinanza senza potersi però raggiungere. Il sentimento di abbandono, isolamento e quasi impotenza che domina i protagonisti durante l’intera vicenda arriva a coinvolgere qualunque aspetto della loro vita; si tratta di un tema delicato, trattato con una forza delle descrizione e dei dialoghi tale da distruggere qualsiasi stereotipo e mettere in luce il punto di vista della prima persona, più che di un occhio esterno. La disabilità di Alice e della sorella di Mattia, i disturbi alimentari della protagonista femminile o il disagio sociale di Mattia sono raccontati da una voce che non tralascia particolari, che infierisce sugli aspetti più impenetrabili e ne esalta tutte le complicazioni. Per quanto l’impulso principale e inconsapevole del lettore sia quello di arrivare a conoscere la conclusione della vicenda amorosa spacciata come principale ma in realtà secondaria, quello che realmente segna è l’incredibile trasparenza di problematiche prettamente attuali e fenomeni largamente diffusi: il desiderio di appartenenza, l’invidia per il facile, l’incapacità di integrarsi in un gruppo, l’affanno della realizzazione e il terrore del fallimento, la guerra interiore di chi vacilla e non sa dove trovare la propria stabilità. 

Gli unici espedienti capaci di alleviare la tensione delle difficoltà sono talento e interesse: per Mattia, numeri e formule rappresentano un rifugio sicuro, privo di incongruenze ed emozioni che possano sconvolgerlo, capace di dargli conforto e tranquillità; per Alice, la fotografia è espressione dello struggimento che la logora dall’interno, è un sentiero per l’emancipazione e il riscatto; per entrambi, le passioni sono strumenti del destino, che li portano a sviluppare le loro vicende e a non abbandonarsi al loro disagio esistenziale. 

Il confronto tra due realtà professionali radicalmente diverse, quella razionale-matematica e quella artistico-passionale, rappresenta simbolicamente il rapporto stesso che lega i due ragazzi: un fuoco e una mente tra loro complementari, discordi nella sostanza ma costretti a un vincolo indissolubile. Esiste in effetti un sentimento comune a entrambi: il rifiuto per la vita, dato per l’uno dall’incapacità di relazionarsi con gli eventi e i singoli che essa ci obbliga ad affrontare, e per l’altra dall’impossibilità del controllo delle conseguenze delle proprie azioni. 

Al lettore i due protagonisti vengono presentati in età infantile, proprio nella situazione in cui verranno privati della loro innocenza, e destinati ad un’esistenza lontana dalla serenità; gli eventi evolvono seguendo una linea del tempo frammentaria, interessata non tanto agli avvenimenti più significativi per lo sviluppo delle personalità dei due ragazzi, quanto più a focalizzarsi sui momenti di vuoto ossessivo dell’interiorità di entrambi. È la storia di due personalità a cui l’inerzia sembra spesso la risposta più facile, le quali sono però spinte da una forza interna (o spesso esterna) a rialzarsi, sebbene consapevoli della certezza delle ulteriori future difficoltà. 

Quella tensione all’infinito propria sia del lettore che del libro stesso, è oppressa dal senso di difetto e mancanza di un carattere fondamentale: che riguardino un compagno di vita, un

amico, un genitore, una sorella, sono le assenze a segnare in profondità trama e messaggio trasmesso. 

Giordano è in grado di toccare sentimenti nascosti e spesso fastidiosi astenendosi dal trattare direttamente vicende sentimentali, andando a segnare (anche in maniera piuttosto decisa) l’emotività di chi legge. È un libro tormentato, intenso nella sua brevità, spesso capriccioso nel concedere spazio e pagine ad ogni capitolo, di sicuro lontano dall’interesse di soddisfare il lettore; è un romanzo forte mascherato da storia superficiale, una narrazione imprevedibile e volubile camuffata da racconto scontato.