Osiamo atterrare su un sogno?

A cura di Sasha Dell’Orto, 4AL

Chissà come si sentivano i primi esploratori della Terra. Non parlo degli spagnoli, degli olandesi o degli inglesi, ma di milioni di anni fa quando non eravamo ancora homo sapiens, quando l’invenzione più recente era il fuoco e quando qualsiasi vetta, colle o persino pianura era una conquista, qualcosa di mai esplorato. Come dovevano sentirsi coloro che hanno per primi nuotato nell’oceano o che colsero per primi un fiore?  

Si potrebbe pensare che non possano esserci stati dei “primi”, o che comunque chi lo fosse stato non avrebbe certamente saputo di esserlo; io penso che qualunque essere abbia consapevolmente ammirato con meraviglia o paura un qualche elemento del nostro pianeta con la consapevolezza che questo sarebbe un giorno scomparso si possa considerare un “primo”, perché in fondo solo questo può voler dire avere la prima esperienza di qualcosa.  

Tutto ciò che ci circonda si vive relativamente, costantemente mettiamo a confronto ieri con oggi e oggi con la settimana prossima, sempre concentrati sui piccoli cambiamenti. Così facendo, passo per passo, perdiamo di vista le grandi rivoluzioni che ci avvolgono. Continuamente ci scivola dalle mani l’opportunità di essere i primi, ovvero di intravedere la fine di qualcosa che fino a poco fa era sempre stato. 

Chi ha alzato per primo gli occhi al cielo stellato si chiese per quanto sarebbe stato lo stesso? Voi ve lo chiedete? Ecco è troppo tardi per vivere il nostro pianeta per la prima volta, ogni albero, ogni prato, è tutto vissuto. Forse non avremmo scalato ogni cima o scovato ogni fondale, ma qualcuno l’ha fatto e oramai si è persa la necessità di contribuire. Su un pianeta in cui le novità sono a portata di mano non si può più essere i primi e le avventure più entusiasmanti si vivono nei libri o al cinema; insomma: non abbiamo più niente da immaginare e il futuro è diventato così prevedibile da essere scoraggiante. Tutto quello che ci circonda è stato domato, e l’esperienza terrestre si volge al termine, come un film visto e rivisto la si conosce a memoria, o meglio istintivamente, ed è giusto chiedersi cosa verrà dopo. 

L’uomo ha bisogno dell’ignoto. Esplorare è un istinto naturale della specie umana, in passato abbiamo viaggiato per tutte le terre fino ai continenti oltreoceano. Avendo ora conquistato il nostro pianeta ci rimane ora solo un posto da esplorare: lo spazio. Questo è la prossima frontiera dell’umanità, è quel luogo che l’uomo è riuscito finora soltanto a sfiorare, ma in cui lentamente fa i primi passi.

Recentemente grandi compagnie private americane come SpaceX o Blue Origin stanno collaborando con l’Agenzia spaziale americana (NASA) fornendo razzi in grado di poter atterrare ed essere riutilizzati, una tecnologia di portata rivoluzionaria che abbassa drasticamente i costi di accesso allo spazio. Cooperazioni internazionali di cui è partecipe anche l’Agenzia spaziale europea (ESA) pianificano di portare rocce marziane sulla Terra per l’anno 2031 e di far ritornare l’uomo sulla Luna per il 2024. Piccoli servizi privati di immissione in orbita, come Electron in Nuova Zelanda, stanno nascendo, soprattutto per reti di cubesat, ovvero satelliti poco più grandi di una mano che permettono di sorvolare una vasta superficie terrestre ad un basso costo.

Lo spazio è il terreno di prova del nostro futuro: ogni passo che facciamo verso le stelle è un passo mai fatto prima, è un passo che ne vale infiniti sulla Terra, come disse Neil Armstrong, mettendo piede sulla Luna, “un piccolo passo per l’uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”. Quindi ora mi chiedo di nuovo: chissà come si sentivano i primi esploratori della Terra? Mentre costruivano i primi villaggi potevano immaginare le città di oggi? Noi, oggi, guardando le stelle immaginiamo il futuro? 

La Luna per miliardi di anni è stata solo nell’arte, nel mito e ovviamente nel cielo, poi l’abbiamo messa sotto i piedi. I pianeti del sistema solare vengono sondati, fotografati e analizzati. Galassie lontane rimaste per sempre uguali ad una stella ora palesano i loro infiniti sistemi. Il cielo è lo stesso? Forse siamo nati troppo tardi per vivere almeno questo come fecero i nostri antenati, ormai qualche impronta è stata lasciata, qualche bandiera posata e sicuramente molti satelliti abbandonati, ma in fondo lo spazio, data la sua immensità, è ancora largamente intoccato. Non sarà così per molto.  

I prossimi decenni ci vedranno coinvolti in un viaggio di storica importanza per la nostra specie, è un viaggio che abbiamo iniziato cogliendo il primo fiore e che continuerà finché l’ultimo essere umano trarrà il suo ultimo respiro. Davanti ad un futuro incerto stasera guarderò il cielo, lo stesso che hanno guardato tutti coloro che hanno mai vissuto, e lo guarderò come quell’essere di cui parlavamo prima, consapevolmente.  

Mentre volgerò gli occhi in alto, penserò: “La Luna adesso non ha esseri viventi sopra” un pensiero di inestimabile valore perché solo ora, dopo aver vissuto il nostro pianete e prima di aver vissuto le stelle, può essere pensato. Come dice la famosa citazione anonima, viviamo in un’epoca di mezzo: troppo tardi per esplorare la Terra, troppo presto per esplorare il cosmo, ma a mio parere, giusto in tempo per poter apprezzare la solitudine del vasto nulla che ci sovrasta, per essere i primi a guardare le stelle.