LA TEMPESTA

di Francesca Arensi, 1^DL

Tra le potenti e gigantesche onde dell’Oceano Atlantico c’era il galeone dei più ricchi borghesi di Cadice, città spagnola molto conosciuta in questi anni.

L’oceano era come un enorme squalo che voleva inghiottire la sua preda ad ogni costo, pur di sopravvivere alla fame, i venti soffiavano fortissimi e le persone a bordo della nave non riuscivano a manovrare le vele, ed infine c’erano tuoni e fulmini, che sembravano essere stati scagliati da Zeus a causa della sua forte ira contro la povera e indifesa nave.

Si potevano udire le urla della figlia della signora Wineross, Daphne, una ragazza fragile ma allo stesso tempo forte, e gli infiniti lamenti del suo fratellastro, Antony, un ragazzino minuto e poco astuto.

Parevano tutti impazziti: uomini, che andavano avanti e indietro lungo la prua dell’imbarcazione, e persone che ormai avevano perso ogni speranza dopo aver visto le onde che pian piano iniziavano a inghiottire tutta la nave da cima a fondo.

Mi sentii un po’ in colpa per non essere potuta andare lì in mezzo all’oceano ad aiutare i Wineross, ma non potevo nemmeno avere uno scambio di parole con loro perché la mia famiglia li detestava più di quanto io detestassi il porridge preparato dalla signora Olivares: per ciò la mia famiglia non li avrebbe aiutati neanche se avessero offerto loro un baule pieno zeppo d’oro, gioielli di diamanti e  lucenti collane di perle pregiatissime e bianchissime. 

D’un tratto mi voltai verso il davanzale della finestra e vidi i pezzi del galeone galleggiare nell’acqua, ormai calma e serena… era come essere rinchiusi in un incubo che pareva infinito: ero senza via di uscita dai sensi di colpa che scorrevano ormai nelle mie vene, come del sangue infetto di pensieri, insicurezze, delusioni.

Non mi restava altro che asciugarmi le lacrime che mi rigavano il pallido viso, dirigermi verso il mio comodo letto e sprofondare nell’abisso dei sogni per sfuggire alla cruda e triste realtà che in un lampo mi circondava come le alte mura della città di Troia.

Foto di Emma Traversone