GIOVANI E LAVORO IN ITALIA

A cura di Emma Traversone, 4^R

 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Leggendo l’articolo 1 della Costituzione italiana si può comprendere come la democrazia sia uno dei pilastri del nostro Stato, insieme a libertà, uguaglianza e giustizia. La nostra è infatti una nazione dai principi fondamentali e inalienabili. La democrazia (dal greco “potere del popolo”), se considerata da noi come la normalità, per altri Stati rappresenta purtroppo un traguardo ancora lontano. Per citare alcuni esempi, lo Stato al mondo con le minori garanzie democratiche è la Corea del Nord, mentre il Turkmenistan è uno dei Paesi con le maggiori limitazioni alle libertà personali nel mondo. 

L’articolo 1 non si limita a dichiarare che l’Italia è una Repubblica, ma aggiunge il riferimento al lavoro, inteso non solo come un diritto fondamentale dell’uomo, ma anche come un dovere. È un diritto perché solo chi ha un lavoro può vivere in modo libero e dignitoso. Il lavoro è però anche un dovere poiché, oltre a soddisfare le esigenze di vita personale e familiare, deve contribuire al progresso dell’intera società. 

Ognuno di noi ha questo dovere: la dimensione del lavoro in tutte le sue sfaccettature chiama in causa non soltanto la popolazione attiva nel suo insieme, ma anche, e soprattutto, la sua fascia giovanile. Purtroppo però, al giorno d’oggi il fenomeno dei cosiddetti NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero giovani che non lavorano né sono inseriti in alcun percorso scolastico o formativo, continua ad essere preoccupante in Italia. 

Per un ragazzo, non lavorare né studiare significa avere scarse competenze lavorative, andando a peggiorare nel tempo la qualità dell’offerta nel mercato del lavoro di un Paese.  

Di conseguenza, in Italia, la situazione è preoccupante anche per i laureati. Il nostro Paese si colloca tra gli ultimi posti, con un tasso di laureati fra i più bassi d’Europa, pari al 27,8% nel 2018, a fronte di una media europea pari al 40,7%, e un tasso di occupazione dei neolaureati pari al 56,5% nel 2018 (rispetto a una media europea dell’81,6%), superiore solo a quello della Grecia. In questi difficili mesi di pandemia la situazione non è certo migliorata.

Al tempo stesso però, non bisogna dimenticare gli EET (Employed-educated and trained), tutti i giovani che studiano, lavorano, sono impegnati in attività di tirocinio o apprendistato, e che, con il loro studio, competenze acquisite e abilità, sono considerati il motore del Paese.

Al giorno d’oggi si assiste alla cosiddetta “fuga di cervelli”, ovvero ragazzi e ragazze che decidono di andare a lavorare all’estero perché trovano opportunità di lavoro più stabili e redditizie. Tuttavia, è importante contribuire a far crescere il proprio Paese, se non per un forte senso di patria, almeno per un po’ di amore verso di esso, che necessita di giovani motivati e volenterosi.