200 Anni dell’Infinito

A 200 anni dalla stesura dell’Infinito, omaggiamo Giacomo Leopardi con un saggio scritto da due studenti in occasione dei Colloqui Fiorentini – Firenze, 2019

“Omnia vincit amor et nos cedamus amori” scrisse Virgilio nelle Bucoliche, non sapendo che migliaia di anni dopo due giovani ragazzi avrebbero ritrovato gli stessi sentimenti nei versi di Giacomo Leopardi, che, come molti altri autori, elogiò l’amore.

L’amore è un tema molto importante per Giacomo. Nel leggere le sue opere e la sua vita ci siamo resi conto che, nonostante sia passato alla storia come un docile giovane infelice in amore, aveva un’ampia esperienza e da questa una grande conoscenza dell’amore stesso. Abbiamo notato la somiglianza tra l’amore narrato da Leopardi e quello cantato da Dante. Entrambi, infatti, furono coinvolti e avvolti da vicende amorose, seppur nessuno dei due, possiamo dire, avesse mai vissuto una storia d’amore corrisposto come la intendiamo ai giorni nostri.

Ai loro occhi l’Amore non era solo un unico sentimento verso una persona dell’altro sesso, bensì questa parola comprendeva diversi tipi di amore: quello per la donna amata, per la filosofia, per Dio oppure l’amore per amicizia o quello famigliare. Spesso si finisce per sminuire il significato della parola “Amore”, ma questi due celebri autori, secoli distanti l’uno dall’altro, riuscirono a cogliere le varie sfaccettature che questa parola può comprendere.

La lettura delle loro opere e le discussioni sui componimenti di Leopardi ci hanno insegnato molto e ci hanno fatto riflettere sull’argomento, aprendoci la mente. Nel leggere Il pensiero dominante, dal Ciclo d’Aspasia, ci siamo resi conto di quanto il suo concetto di Amore fosse paradossale. Secondo Leopardi, infatti, l’amore era un sentimento dolce e potente, come sottolinea nel primo verso (dolcissimo, possente / dominator di mia profonda mente vv. 1-2), e portava una serie di effetti positivi sull’innamorato, come l’indifferenza verso ogni altro pensiero, come quello della morte. L’amore è però una bella illusione e Leopardi lo sa, eppure, questo sogno, assomiglia tanto alla realtà.

Nel componimento l’autore si rivolge prima all’io poetico e poi alla donna amata. Nella prima parte esplicita la sua consapevolezza riguardante l’illusione d’amore, presupponendo che nella vita non ci sia alcun tipo di piacere o felicità. Nonostante ciò Leopardi dona all’amore una forza tale da riuscire a resistere alla realtà dei fatti, arrivando ad attribuire un senso proprio alla vita. Nella seconda parte, invece, si concentra sulla donna, mezzo attraverso il quale si manifesta l’amore. Questa è la “donna ideale”. Anche lei, come il sentimento stesso, è irreale ed inesistente.

La sua opinione riguardo l’amore, però, variò con il passare degli anni, a causa di una delusione d’amore.

“Amaro e noia/la vita, altro mai nulla…” la sentenza di Leopardi sulla vita dell’uomo è pessimistica e scoraggiante, egli riflette sulla triste condizione dell’uomo nel mondo, che, come fango, lo sommerge e lo opprime, impedendogli di respirare e di vivere. La morte è l’arrivo, l’unica concretezza della vita, l’unico fine a cui l’uomo puo giungere.

È nella poesia A se stesso che Leopardi afferma che la vita è solo dolore e noia e nient’altro.  Egli scrive che nella vita non ci sono felicità, e che quindi tutte quelle che pensiamo lo siano, sono in realtà mere illusioni effimere, destinate a perire con il tempo, come lo siamo noi. La morte viene quindi da lui presentata come il dono che la natura ci offre per salvarci da tutti questi desideri vani.

Giacomo scrive il suo componimento a Firenze nel 1833, probabilmente dopo una forte delusione d’amore, che lo ha portato a convincersi dell’inesistenza di questo sentimento di cui tanto si parla dalla notte dei tempi. L’amore è infatti qualcosa con cui tutti hanno a che fare almeno una volta nella vita, che sia per amore dato o ricevuto, come Leopardi stesso dice nella sua poesia Il pensiero dominante “Il suo poter fra noi / Chi non sentì?” e siamo convinti che sia una delle cose più belle che esistano.

La visione che il poeta ha della vita è paragonabile ad un concerto, che riempie l’ascoltatore con tutte le sue belle armonie e melodie, ma nel momento in cui giunge all’orecchio una nota stonata tutte le illusioni e desideri che si erano creati e accumulati nell’ascoltatore si smontano, dissolvendosi. Si può trovare quest’interessante metafora nel componimento Sopra il ritratto di una bella donna, un’altra poesia che mostra il carattere pessimista di Leopardi, il quale, nel vedere l’immagine di una bella ragazza dipinta, che ormai è caduta e coperta da pietre sepolcrali, pensa alla morte, fine unico dell’esistenza umana.

Partendo dalla lettura dei suoi componimenti, che ci hanno permesso di scoprire molte sfaccettature del personaggio e capire meglio con che occhi egli vedesse il mondo, ci siamo fatti una “nostra” idea interpretativa del mondo, diversa da quella di Leopardi. Ed è da questa nostra riflessione che nasce l’idea di rispondere “a Giacomo” con un componimento simile alla sua poesia A se stesso, ma che contiene le riflessioni a cui il suo componimento ci ha portato.

Il tema dell’amore ci è molto vicino e all’interno del gruppo abbiamo scoperto di condividere molte idee riguardo a questioni esistenziali, come la vita, la morte e la felicità.

Scrivendo queste poesie Giacomo ci ha fatto pensare che in realtà il grande dono che la natura ci fa, non sia la morte, come scrive il poeta, ma, al contrario, sia la vita e che in essa ci sia la felicità.

La ricerca di quest’ultima è per l’uomo qualcosa di costante e da sempre inseguita. Molti i filosofi che discussero su questo tema e infinite le persone che si sono poste il problema e che se lo porranno. Ma cos’è per noi la felicità? La felicità può risiedere nelle piccole cose, apparentemente effimere, come in quelle più grandi e importanti: la felicità può essere la famiglia, la propria casa, gli amici, una giornata di sole, un buon voto a scuola, uno sguardo dalla persona giusta… l’Amore.

…L’Amore. Difficile parlare d’amore in giovane età. Cosa ne possiamo sapere noi? Con così poca conoscenza del mondo e ancora possibilmente imprigionati nelle illusioni della felicità e dell’amore. D’altronde anche Giacomo si trovava nella nostra stessa situazione, non era tanto più vecchio di noi quando si dilettava nello scrivere componimenti che spesso disintegravano tutti i possibili desideri di felicità. Crediamo che le vera domanda da porsi, seppur presuntuosa, sia: “Cosa ne sapeva lui dell’Amore?”

L’amore è un sentimento personale. Ognuno lo interpreta come vuole. Ed è anche comprensibile la triste visione di Leopardi sulla questione, dopo il rifiuto ricevuto dalla ragazza che amava.

Ma questo ci porta a pensare: se Giacomo avesse avuto la sua occasione con Fanny Targioni Tozzetti e se l’Amore fosse quindi stato corrisposto, i suoi componimenti sarebbero stati uguali? La risposta è ovviamente no. Un così forte sentimento corrisposto lo avrebbe portato a lodare la vita e la felicità, così come invece viene da fare a noi, che viviamo i suoi stessi sentimenti due secoli dopo.

Potessimo scrivere al giovane Giacomo, gli vorremmo spedire questo componimento, per dargli la possibilità di vedere il mondo con occhi diversi: i nostri occhi.

Or gioirai per sempre

Cor mio pien di letizia. Lieve andrai

Per le fiorite vie

Che l’Amor ha nutrito per i giovin

Cor nostri. Fiorì. Passion

Da tutti ricercata ottenne in

Noi dimora sicura.

Cor vostri s’acquietino nell’attesa

Che l’amor tutti aspetta.

Felicità la vita altro mai nulla

Cor loro periranno

Se disio e speme sono attenuati.

Al gener nostro ‘l fato

Non donò spensieratezza e letizia

Ma è nostro incarico

Ricercare loro nell’infinito

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